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Luca Martinelli
Pubblicazione del 10.10.2025
Nel corso di controlli a tutela del “Made in Italy”, la Guardia di Finanza e i
funzionari dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (ADM) hanno scoperto
un’azienda italiana produttrice di dispositivi medici che aveva importato dal
Pakistan 3.585 forbici prive di indicazioni sul Paese di origine. Prima della
vendita, l’azienda vi aveva applicato solo il proprio marchio, facendo apparire
i prodotti come italiani.
Secondo il
comunicato stampa congiunto di ADM e Guardia di Finanza, questa condotta poteva
indurre i consumatori a credere che le forbici fossero realizzate in Italia.
L’operazione di controllo ha portato al sequestro delle forbici odontoiatriche,
e il relativo verbale Γ¨ stato trasmesso alla Camera di Commercio competente.
Per questo tipo
di violazione, la Legge 350/2003 prevede una sanzione amministrativa che puΓ²
variare da 10.000 a 250.000 euro.
A questo punto,
Γ¨ lecito chiedersi:
SarΓ questa
l’unica azienda italiana ad importare dal Pakistan strumenti chirurgici, come
forbici, pinze da estrazione, leve, portaghi, ecc. e a venderli come “Made in
Italy”?
Alla luce di quanto emerso, un dentista che desidera essere certo dell’origine
italiana dei propri strumenti puΓ² lecitamente richiedere al fabbricante una
dichiarazione scritta di origine (Origine italiana).
Il produttore, pur non essendo obbligato a rispondere, non dovrebbe avere nulla
da temere nel fornire tale documento.
Un’azienda italiana sarΓ
orgogliosa di confermare per iscritto, su carta intestata e sotto la propria
responsabilitΓ , che la merce Γ¨ “Made in Italy” o, se del caso, “100% Made in
Italy”.
Al contrario, un rifiuto o un rinvio immotivato da parte del fabbricante
potrebbe alimentare dubbi e diffidenza nel professionista, inducendolo a non
acquistare piΓΉ i prodotti di quel marchio.
In fondo, un errore sull’etichetta puΓ² anche capitare; una dichiarazione
scritta di origine non lascia spazio ad ambiguitΓ .
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