lunedì 29 dicembre 2014

52 - LA PORTA IMPRONTA

Luca Martinelli

Elementi di base sulla porta impronta dentale

Pubblicazione n. 52 - 29 Dicembre 2014

Premessa
Rilevare l’impronta della bocca del paziente non è un’operazione banale. Un’impronta sbagliata per lo studio medico può rappresentare perdite di tempo, prolungamenti della permanenza del paziente sulla poltrona, spreco di materiali costosi, incomprensioni con il laboratorio odontotecnico, nuovi appuntamenti che recano danno al paziente e all’odontoiatra con compromissione dell’immagine stessa dello studio.

Nel corso degli anni dalle impronte rilevate utilizzando cera, nel XVII secolo, siamo passati al gesso, poi alla guttaperca. Intorno al 1925 troviamo gli idrocolloidi, successivamente gli alginati, siliconi per condensazione e polieteri. Dal 1976 circa in poi troviamo i siliconi per addizione e molti altri ancora ne verranno.

Le portaimpronta sono rimaste sostanzialmente le stesse dalla loro prima invenzione ad oggi. Forse è anche per questa ragione che sono sempre state considerate un po’ la “Cenerentola” dei dispositivi dentali manuali, eppure sono di fondamentale importanza per ottenere un’impronta corretta, il tipo di materiale da impronta e l’abilità dell’operatore non son infatti gli unici requisiti per ottenere un’impronta corretta.

Con l’impiego delle nuove tecnologie come la luce laser,  particolarmente efficace nel rilevamento delle impronte, parlare della portaimpronta tradizionale è un po’ anacronistico, d’altro canto nella stragrande maggioranza degli studi di tutto il mondo si fa ancora uso massiccio della portaimpronta tradizionale ed è quindi comunque interessante una panoramica su di essi.

Il Prof. Enrico Gherlone a proposito delle impronte digitali dice: “L’impronta digitale è un’innovazione che sta rivoluzionando l’odontoiatria e le metodologie di impronta tradizionali perché permette di trasferire al computer le immagini della bocca mediante l’utilizzo di una microcamera”.

L’impronta
La statistica europea riporta che quasi nel 50% dei casi le impronte rilevate non sono sufficientemente accurate, quindi risultano inutilizzabili o comunque che possono generare lavori scorretti. In particolare le impronte necessarie alla realizzazione di protesi fissa evidenziano una difettosità proprio a carico dei margini della preparazione; non da meno l’antagonista dovrebbe essere preciso, anche in questo caso è stata rilevata una frequente superficialità nella precisione di questi.

In questa pubblicazione non entreremo nell’aspetto clinico e nemmeno nell’aspetto della scelta del tipo di portaimpronta più idoneo per ogni tipologia di impronta diversa ma solo nell’aspetto costruttivo-normativo. Per una conoscenza approfondita consigliamo l’ottimo libro proprio del Prof. Gherlone “L’Impronta in protesi dentaria” (Editore ELSEVIER - MASSON), che per altro nella versione aggiornata dedica un ampio spazio anche alle nuove tecnologie.

Cenni sull’impronta digitale
L’impronta digitale, rilevata mediante scanner a luce laser, è particolarmente indicata per la protesi fissa. È utilizzabile anche in ortodonzia, in tutte le fasi del trattamento.

Ricordiamo che oltre il 6% della popolazione “bambina” è sottoposta a trattamento ortodontico, è quindi facilmente intuibile che l’impiego di un sistema di rilevazione dell’impronta non invasivo, senza che per questo perda in precisione,  diviene uno strumento particolarmente gradito dal medico e dal paziente stesso.
Lo strumento che permette il rilevamento digitale rappresenta ormai il futuro prossimo dell’impronta. Sostanzialmente è uno scanner (Scanner orale - Fig. 1) che rileva, acquisisce ed elabora in 3D l’immagine della bocca, creando una precisa ricostruzione virtuale di essa.



1
Scanner in bocca al paziente

Come un po’ per tutti i prodotti anche di scanner ve n’è una varietà notevole, nelle foto sotto riportate (Fig. 2, 3, 4, 5, 6) alcuni esempi a titolo esemplificativo ma non esaustivo.
         

            


I vari tipi di porta impronta
Esistono diversi tipi di porta impronta, forati, non forati, con bordino, senza bordino, per edentuli, per parzialmente edentuli, per ortodonzia, per implantologia, per idrocolloide reversibile. Esistono anche una serie di portaimpronta che a dire il vero non andrebbero utilizzati per ragioni tecnico cliniche come i porta impronta parziali, i porta impronta per prendere contemporaneamente arcata, o emiarcata superiore e inferiore, e anche porta impronte per il controllo del morso. La porta impronta completa stessa (arcata completa superiore ed inferiore) rappresenta di per sé già una scappatoia -comprensibilissimo per ragioni di costo e tempo- al porta impronta individuale che in realtà è l’unico vero porta impronta “preciso”.

Materiali costruttivi
Le porta impronta possono essere costruite con diversi materiali a seconda dell’uso e del costo che queste devono avere. La maggior parte di esse sono fabbricate in acciaio inossidabile (solitamene acciaio della serie AISI 304), ma ne troviamo molte anche in alluminio, alluminio rivestito in teflon, alluminio rivestito in rislan, ottone nichelato o cromato (anche se oggi l’uso del cromo è vietato quasi ovunque), policarbonato, teflon e polipropilene sulphide, per quanto riguarda le porta impronta riutilizzabili. Polistirene e in alcuni casi alluminio (Es. porta impronta per implantologia) per quanto riguarda invece le porta impronta monouso.



Porta impronta per edentuli tipo Schreinemakers
Una porta impronte che esce dagli standard è quella di Josephus Schreinemakers. Solitamente in acciaio, ha i bordi con millimetrature particolari, sono forati solo lateralmente e non sulla parte superiore (Brevetto americano del 1979 presentato qualche anno prima in Olanda 1975).





                           
La classificazione delle portaimpronta
Le porta impronte sono regolamentate da uno standard, in questo caso si tratta di una norma americana e più esattamente la norma ANSI/ADA 1995 Specification n.87 -riaffermata/confermata nel 2014.  

Come tutte le norme tecniche sono di adeguamento volontario, in questo caso non si tratta di una norma europea. Tuttavia, come in tutti i casi in cui non esiste uno standard di riferimento nazionale o europeo, queste rappresentano pur sempre lo stato dell’arte.

La norma indica:
-La classificazione
-Le definizioni
-I requisiti come biocompatibilità
-Sicurezza della forma e finitura superficiale
-Forme e dimensioni
-Istruzioni confezionamento e marcatura
-Funzionalità e tenuta dell’acqua per le PI per idrocolloidi reversibili
-Corrosione e resistenza
-Campionamento per i test methods
Ed altro ancora.

Vediamo nel dettaglio almeno i tre aspetti  principali
1-Classificazione;
2-Misura ed esposizione all’utente delle misure;
3-Etichettatura.


Classificazione
Le porta impronta si suddividono in:
Tipo 1: porta impronta in metallo, riutilizzabili forati;
            Classe 1: Raffreddate ad acqua;
            Classe 2: ”Normali” non raffreddate ad acqua.
Tipo 2: porta impronta in metallo, riutilizzabili lisce (non forate);
            Classe 1: Raffreddate ad acqua;
            Classe 2: ”Normali” non raffreddate ad acqua.
Tipo 3: porta impronta monouso perforato
Tipo 4: porta impronta monouso liscia (non forato).

Misure ed esposizione delle misure
La misurazione delle porta impronta e l’esposizione a catalogo delle sue misure dovrebbe avvenire come nella figura 7.


Il più delle volte i cataloghi dei vari fabbricanti riportano solo la misura D1 e D2, raramente la D3 anche se sarebbe auspicabile, specie per la scelta dei portaimpronta per ortodonzia, che ne esistono misure con bordo di maggiore e minore, ovvero portaimpronta che hanno necessariamente il bordo alto, per arrivare a prendere bene anche la zona del fornice.

Il porta impronta più adatto – brevissimi cenni.
Come abbiamo scritto in premessa non affronteremo qua l’argomento impronta, cioè qual è il modo e il mezzo migliore per pendere un’impronta; tuttavia facciamo un brevissimo cenno a titolo esemplificativo ma non esaustivo di alcune scuole di pensiero giusto per dare una indicazione generale sull’impiego dei diversi porta impronta.

Un’impronta precisa non può prescindere dall’uso di una portaimpronta in metallo rigido.

Le porta impronta in materiale plastico non hanno una rigidità sufficiente a garantire la precisione del materiale da impronta, in particolar modo quando si utilizzano i siliconi a doppia fase (da ribasare), la sola pressione delle dita è sufficiente a deformare la porta impronta e l’impronta stessa.

Una porta impronta scarsamente rigida rende impronte con variazioni dimensionali che, specie per la protesi fissa, sono inaccettabili.

La deformazione della porta impronta in plastica durante il rilevamento dell’impronta implica, dopo la sua rimozione dalla bocca del paziente, che essa ritorni alla sua geometria originale conseguentemente i modelli sviluppati da questa impronta risulteranno alterati rispetto alle dimensioni reali degli elementi e dell’arcata.

L’impiego di una porta impronta forata piuttosto di una non forata può ad esempio provocare alterazioni dimensionali dell’impronta a seconda del materiale da impronta utilizzato;
-Se si impiega un polietere monofasico sarà importante scegliere una porta impronta senza fori affinché si possa contenere il materiale senza farlo fuoriuscire e permettere quindi un accumulo di pressione sufficiente contro le pareti della porta impronta le quali manterranno posizionato il materiale stesso;
-Se si impiega un alginato o un elastomero a due fasi la porta impronta forata permetterà una migliore ritenzione del materiale da impronta senza particolari compromissioni.

Entrambe possono avere un bordo retentivo, quelle solide con il bordo retentivo sono state munite di bordo più che altro per chi li utilizza impiegando l’alginato.

Va da sé che le porta impronte per idrocolloide reversibile, per quanto oggi scarsamente utilizzate, sono solide (Fig. 14). 



Conclusioni
Tuttora impiegate a pieno regime le porta impronta tradizionali sono diverse nella forma, materiale di costruzione e prezzi.

I materiali da impronta hanno nel corso del tempo subito trasformazioni per composizione, tipologia di utilizzo e precisione finale.

Non sempre è chiaro il materiale di costruzione, la classificazione, la tipologia e l’impiego delle porta impronta. Pur restando immutate nel tempo, devono di fatto essere l’accessorio che supporta i materiali da impronta più recentemente creati.

L’avvento delle nuove tecnologie, che permettono maggiore precisione, maggiore risparmio di tempo e denaro, sta avviando sempre più velocemente alla “pensione” le porta impronta tradizionali.



Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.