A cura di Luca Martinelli
maggio 2017
1
PREMESSA
“Il problema del passaggio generazionale nelle imprese
italiane: Tutta colpa dell’Europa?”.
Abbiamo cercato di rispondere a questa
domanda che spesso circola nelle aziende italiane attraverso una disamina delle
numerose pubblicazioni che esistono sull’argomento per fornire una “fotografia”
sul passaggio generazionale dell’impresa familiare in Italia e in che modo,
obiettivamente, possa esserci una relazione con l’Europa.
2
L’IMPRESA FAMILIARE IN ITALIA
In Italia oltre il 90% delle imprese
nazionali sono di natura familiare, contro una media europea del 50%. La
maggioranza di queste sono piccole/medie imprese, tuttavia anche molte grandi
imprese hanno un azionariato di natura prevalentemente familiare. Oltre il 53%
di queste ha a capo un imprenditore di oltre 65 anni di età.
L’impresa di tipo familiare è
sostanzialmente sempre esistita. La nascita come unità produttiva organizzata
vera e propria nasce con la crisi della fine degli anni sessanta inizio
settanta. La crisi della grande industria, le difficoltà economiche intervenute
con i tagli alla spesa pubblica rimandano alla famiglia l’onere del mantenimento
dei propri membri.
2.1
L’imprenditore
L’impresa familiare tipica è fondata da
un membro della famiglia, il padre, lo zio, persona con grandi attitudini
imprenditoriali che pone sé stesso a capo di più funzioni strategiche e mette i
vari familiari in posizioni chiave a prescindere dalle loro reali competenze e
capacità. Una sorta di “corte” che l’imprenditore vuole a protezione da “intrusioni”
e “cospirazioni” di persone che egli stesso ha assunto o ha chiamato come
consulenti ma che ritiene una potenziale minaccia per il suo regno specie quando
il loro parere professionale non è accondiscendente anche alle scelte errate che
egli intende perseguire.
Il fondatore è il perno intorno al
quale ruota l’azienda, colui che ha costruito il successo e il modello di
business, colui che nel tempo ha tessuto relazioni personali, con i clienti,
con il mercato, colui che per dote ed esperienza scorge opportunità di
miglioramento, percepisce in anticipo il momento di effettuare “cambi di
rotta”, quando è il momento di ridimensionare o fare investimenti.
3
IL PASSAGGIO GENERAZIONALE E L’EREDE
Prima o poi, per ragioni anagrafiche, l’imprenditore
deve passare il testimone al successore che egli stesso ha designato. Il
successore, il manager junior, è il figlio o il parente più prossimo.
Rossella Martelloni e Marina Vozza, nel
loro articolo “Passaggio generazionale nell’impresa: un modello per il supporto
alla gestione del cambiamento”, scrivono:
“Ma
vediamo ciò che spesso accade. In genere la volontà del titolare di lasciare
l’azienda a figli o nipoti è molto forte, quasi un’imposizione nei loro
confronti. L’azienda è molto spesso vista come fonte occupazionale per i
membri della famiglia, cui vengono assegnati – in fase di passaggio – ruoli di responsabilità anche in caso di competenze e
capacità inadeguate rispetto al ruolo e alle sfide del mercato. Questo
fattore fra l’altro impatta negativamente sul personale dell’impresa, generando
frustrazione, demotivazione e ansia, con inevitabili ricadute negative sulle
performance aziendali, soprattutto nel lungo periodo.” Si tratta in sostanza di
un condizionamento, che può assumere caratteristiche ambigue e invischianti se
si considerano le posizioni "grigie", non istituzionalizzate ma di
peso comunque rilevante, di persone della famiglia o di coloro che per qualche
ragione hanno prestato danaro a sostegno della vita dell’impresa, e che di
fatto agiscono ben al di là di precisi confini di ruolo.”
Scrive Filippo Ferrrari curatore del
libro “Il passaggio generazionale delle PMI. La gestione della trasmissione
d’impresa tra rischi e opportunità”:
“Se
non arrogante, se non arrivista, se umile e impegnato a scalare tutti i gradini
dell’azienda c’è molta dichiarata fiducia nei giovani e nelle loro capacità.
Certo, fare impresa oggi è più difficile che in passato. Ci sono sfide
oggettive: la globalizzazione dei mercati è incalzante. Ci sono sfide
generazionali: Imprenditori si nasce anche per carattere: è più difficile
diventarlo. E i figli benché siano più preparati tecnicamente (Informatica,
lingue straniere, previsioni aziendali) non sanno navigare a vista, rischiano
più del dovuto. Manca qualcosa a questa nuova generazione, forse in termini di
leadership nel riunire e saper scegliere introno a sé uno staff di
collaboratori e di personale specializzato adeguatamente, sufficientemente
competente e fidelizzato alla mission aziendale.
I lavoratori raccontano spesso a
familiari, consulenti, ispettori ecc. del comportamento arrogante
dell’imprenditore, un comportamento di assoluta e ingiustificata mancanza di
rispetto nei confronti dei propri collaboratori, arrivando finanche ad
offenderli nella propria dignità. Ma mentre i dipendenti tollerano un certo
modo di fare da parte dell’imprenditore che si è “fatto da solo” non tollerano
invece nella maniera più assoluta lo stesso comportamento da parte del Manager
Junior che spesso scimmiotta il “vecchio” imprenditore padre, o zio, senza
averne però lo stesso carisma.
Questo deplorevole comportamento
ovviamente ha ripercussioni anche sul mercato, cioè sui clienti e sui fornitori
che non sempre gradiscono un determinato modo di fare nei loro confronti. Alcuni
fornitori, nonostante il cliente sia un cliente importante, all’ennesimo
comportamento arrogante hanno abbandonato il cliente con un laconico “Non siamo
il fornitore adatto a Voi”. I clienti spesso rispondono offesi ma molto più
facilmente non replicano, rispondono a questo atteggiamento comprando sempre
meno fino a “sparire”.
“Mio figlio è arrogante, è difficile il passaggio generazionale!”
L’imprenditore è disilluso, ha difficoltà a passare l’azienda di famiglia al figlio, non vede in lui le caratteristiche che lo hanno reso un imprenditore di successo”, riporta F. Cocco in un suo articolo sul Giornale del PMI.
L’imprenditore è disilluso, ha difficoltà a passare l’azienda di famiglia al figlio, non vede in lui le caratteristiche che lo hanno reso un imprenditore di successo”, riporta F. Cocco in un suo articolo sul Giornale del PMI.
Siamo in un periodo storico dove
un’azienda non può più essere gestita “a pelle” o per lo meno non solo. La
contingenza economica è il minore dei problemi, oggi si deve affrontare la
globalizzazione, l’internazionalizzazione, le incertezze del mercato, la conformità
dei prodotti a norme tecniche, leggi, regolamenti. Siamo di fronte a un
bruciante time to market, saturazione
dei mercati, mercato digitale, stakeholders,
relazioni sociali che cambiano nei modi e nei tempi, iper-competitività dei
concorrenti, cambiamenti improvvisi e radicali nei consumi ecc.
Se per stare a capo di un’azienda si
deve essere competenti oggi più che mai la competenza gestionale è una
condizione imprescindibile per il successo o per la sopravvivenza di qualsiasi
tipologia di impresa.
La competenza è costituita dal sapere,
dal saper fare e dal saper essere. La capacità di possedere i tre saperi della
competenza, così come il rispetto dei collaboratori, dipendenti, fornitori,
clienti, non si compra, si guadagna.
Senza la competenza e il rispetto degli
interlocutori difficilmente un’azienda ha lunga vita. Forse durerà un anno,
due, tre, dieci, in ogni caso sarà una lenta agonia, un galleggiamento
sull’inerzia del lavoro fatto dal vecchio imprenditore negli anni precedenti
che porterà comunque alla “morte” dell’impresa.
Nel passaggio generazionale purtroppo
non sempre il figlio, il nipote, il cugino ecc. ha reali capacità manageriali.
D’altronde le capacità manageriali non si acquistano per discendenza di sangue
come l’eredità.
Scrive L. Berni in “Gli errori di
gestione del passaggio generazionale”:
“La
capacità imprenditoriale NON ha carattere ereditario. In molti casi è il figlio
stesso a dare per scontate le proprie capacità
imprenditoriali, solo per il fatto di essere cresciuto con un’azienda di
famiglia. Ne deriva un atteggiamento arrogante, poco incline all’apprendimento
e mosso da una ricerca ossessiva dell’accettazione da parte dei dipendenti. Il Padre in questo caso fatica a mantenere l’equilibrio tra il bene
della famiglia, e la conseguente protezione del figlio, e il bene dell’impresa
che richiederebbe invece un suo intervento su certi atteggiamenti o decisioni
del Figlio”.
4
LA QUESTIONE SOCIALE
Circa 80.000 imprenditori italiani
all’anno devono fare i conti con il passaggio generazionale. In Italia quasi il
50% delle aziende familiari è in uno stato di “convivenza generazionale” cioè
ha la generazione successiva impegnata in azienda. Secondo fonti diverse quasi
il 60% delle imprese familiari non sopravvive al primo passaggio da padre in
figlio e la situazione si aggrava quando il passaggio giunge alla terza
generazione dove ne sopravvive solo un 15%.
L’incapacità degli imprenditori Senior
di gestire il passaggio da essi all’imprenditore Junior si percepisce in
maniera tanto chiara quanto drammatica digitando su internet “Passaggio
generazionale impresa familiare” su un qualsiasi motore di ricerca. Si trovano
decine di libri, tesi, articoli, decaloghi e innumerevoli società di consulenza
che offrono di guidare le imprese in questo passaggio.
In una relazione così forte fra impresa
familiare e struttura economica dell’Italia (90% delle aziende italiane a
conduzione familiare) il passaggio generazionale dell’impresa diventa una fase
estremamente critica non solo per l’azienda ma, in un contesto più ampio, per
il paese stesso.
Questo apre anche una questione sociale
perché dal “fallimento” dell’imprenditore Junior scaturisce un danno sociale
quantificabile in circa 65.000/70.000 posti di lavoro persi ogni anno e tutto
questo si ripercuote inevitabilmente sull’economia nazionale.
Ci sono aziende più o meno strutturate,
aziende con più o meno liquidità, aziende con più o meno capacità produttiva
ecc. Fatto salvo casi rarissimi, c’è un dato certo e comune a tutte le imprese:
il mercato è lo stesso mercato per tutti, la crisi è la stessa crisi per tutti,
la globalizzazione è la stessa globalizzazione per tutti, le banche sono le
banche per tutti, tutti hanno clienti, fornitori, commerciali e dipendenti da
gestire ecc. Sta all’imprenditore essere
flessibile, percepire i cambiamenti e adeguarsi in fretta trasformando una
crisi in opportunità. Anche decidere di chiudere con onore è una capacità, la
capacità di non attendere di dover chiudere per fallimento trascinando nella stessa
sorte anche dipendenti e fornitori.
5
L’EUROPA
5.1
I criteri generali dei fondi europei
L'UE fornisce finanziamenti per
un'ampia gamma di progetti e programmi nei settori più diversi:
sviluppo urbano e regionale;
occupazione e inclusione sociale;
agricoltura e sviluppo rurale;
politiche marittime e della pesca;
ricerca e innovazione;
aiuti umanitari.
I fondi sono gestiti seguendo norme
rigorose per assicurare che il loro utilizzo sia sottoposto a uno stretto
controllo e che siano spesi in modo trasparente e responsabile.
In ultima istanza,
la responsabilità politica per il corretto utilizzo dei finanziamenti dell'UE
ricade sul collegio dei 28 commissari europei. Tuttavia, poiché la maggior
parte dei finanziamenti è gestita nei paesi beneficiari, spetta ai governi
nazionali effettuare controlli e audit annuali.
Oltre il 76% del
bilancio dell'UE è gestito in collaborazione con le amministrazioni nazionali e
regionali con un sistema di "gestione concorrente", essenzialmente
mediante cinque grandi fondi - i Fondi strutturali e d'investimento.
Complessivamente, contribuiscono a mettere in atto la strategia Europa 2020.
Fondo europeo di
sviluppo regionale (FESR) – sviluppo regionale e urbano
Fondo sociale
europeo (FES) – inclusione sociale e buon governo
Fondo di coesione
(FC) – convergenza economica delle regioni meno sviluppate
Fondo europeo
agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR)
Fondo europeo per
gli affari marittimi e la pesca (FEAMP).
Altri fondi sono
gestiti direttamente dall’Unione europea. I finanziamenti sono erogati sotto
forma di:
sovvenzioni
destinate a progetti specifici collegati alle politiche dell'UE, di solito a
seguito di un "invito a presentare proposte". Una parte dei
finanziamenti proviene dall'UE, un'altra da fonti diverse.
Appalti conclusi
dalle istituzioni europee per acquistare servizi, beni o opere necessari per le
loro attività, per es. studi, corsi di formazione, organizzazione di conferenze
o attrezzature informatiche. Gli appalti sono aggiudicati mediante bandi di
gara.
I vincitori degli
appalti e i beneficiari di sovvenzioni o di aiuti allo sviluppo stanziati per i
paesi extra UE sono pubblicati online.
5.2 Le imprese italiane e finanziamenti
Nel triennio 2014-2016 (fonte Società consortile dell'Emilia-Romagna per l'innovazione e il
trasferimento tecnologico) i fondi complessivamente erogati
dall’Europa per le piccole e medie imprese, sono stati circa 800 milioni di
euro, il 10% circa di questi in Italia. La Spagna è prima sia per il numero di
progetti approvati (432) sia per numero di beneficiari (451). Seconda è proprio
l’Italia che con 326 progetti (per 378 beneficiari) supera
l’Inghilterra (282 progetti per 298 beneficiari) e la Germania (157 progetti
per 171 beneficiari). Nella classifica europea i primi 6 paesi (Spagna, Italia,
UK, Germania, Francia e Olanda) si dividono il 67% dei fondi totali erogati. Il 16% delle 2.369 PMI europee beneficiarie dei finanziamenti dello
SME Instrument sono italiane. Secondo l’analisi fatta da Aster, il 77% delle
imprese beneficiarie in Europa ha ricevuto finanziamenti in Fase 1. A dividersi
il piatto più sostanzioso (Fase 2) dei finanziamenti sono stati 529
beneficiari, nel 19% dei casi imprese spagnole. Il 12% delle imprese che hanno
ricevuto i finanziamenti della fase 2 dello SME Instrument è inglese, l’11%
italiano e solo il 7% tedesco.
A conferma di
quanto appena esposto già nel 2011, una statistica elaborata sulla
documentazione della Commissione Europea evidenziava che le imprese e gli enti italiani che nel 2011 avevano
ricevuto un finanziamento erano quasi 7.000. Le imprese italiane avevano
superando la Francia (5.200), la Germania (4.800) e il Regno Unito (4.600).
È
però vero che anche se il numero dei finanziamenti europei che le
organizzazioni italiane avevano ricevuto nel 2011 era molto significativo, la
loro entità economica restava abbastanza ridotta. Le imprese tedesche avevano
infatti ricevuto in media più di un milione di euro, contro i 516.000 delle
imprese italiane.
Le
imprese italiane partecipano dunque a moltissimi progetti, e questo è un
segnale incoraggiante, ma la mancanza di fiducia nelle proprie capacità
distoglie forse le aziende da obiettivi più ambiziosi.
5.3
Il mercato europeo
Il mercato europeo
si fonda fin dalla sua nascita (1957) su quattro principi fondamentali:
libera circolazione
delle persone;
libera circolazione
dei servizi;
libera circolazione
delle merci;
libera circolazione
dei capitali.
Per regolare la
circolazione di persone, servizi, merci e capitali sono stati compiuti numerosi
atti legislativi per garantire la sicurezza delle persone, dei lavoratori e
dell’ambiente.
Tutte queste regole
sono le stesse per tutti i paesi europei e per tutte le aziende europee e
italiane. L’Europa incentiva le aziende con finanziamenti e agevolazioni
importanti ma non può certo risolvere i
problemi di gestione delle singole imprese o dei passaggi generazionali.
Ogni
imprenditore, Senior o Junior che sia, conscio del rischio imprenditoriale che
è intrinseco a questa professione fin da quando si decide di praticarla, deve
essere in grado di stare sul mercato con le proprie forze. Dare la colpa
all’Europa per le troppe regole o per i presunti costi che essa avrebbe
generato per le imprese non risolve iv problemi provocati dalla propria
incapacità di stare sul mercato.
6 CONCLUSIONI
La maggior parte delle aziende italiane
è a conduzione familiare.
Secondo Rete Impresa Italia nel 2014 hanno chiuso oltre 140.000 mila
imprese. Nel 2015 oltre 142.000. A ottobre 2016 avevano già chiuso oltre
100.000 imprese. Secondo il Centro Studi
Impresa Lavoro in Italia fra le aziende che hanno chiuso dal 2009 al 2016
oltre 100.000 hanno chiuso per fallimento. Almeno il 10% dei fallimenti annui
delle aziende è imputabile ad aziende familiari e in particolare a causa dalla
mancata pianificazione e gestione del passaggio generazionale.
Il passaggio generazionale è un grave
problema per l’impresa e un grave problema sociale quando esso provoca la
perdita di posti di lavoro.
“È di fondamentale importanza che il soggetto
chiamato a succedere nella gestione sia dotato di capacità manageriali, non
sempre riscontrabili in tutti i partecipanti ad una comunione ereditaria e,
soprattutto, sia animato dalla volontà di continuare l’attività e non
di monetizzare quanto ricevuto in eredità”.
di monetizzare quanto ricevuto in eredità”.
Ogni
impresa, conscia del rischio imprenditoriale, deve essere in grado di stare sul
mercato con le proprie forze, dare la colpa ad altri non rimuove le difficoltà
generate dalla propria incapacità di stare su un mercato che è lo stesso per
tutti.
L’imprenditore
Senior padre, zio, o altro che sia, ha
il dovere sociale, già che la società (e gli stessi dipendenti che sono al
contempo clienti e fornitori interni dell’impresa) ha economicamente
contribuito al suo successo acquistando i suoi beni o servizi, di lasciare
l’impresa a persona o persone competenti, a prescindere dal grado di
parentela, facendo in modo che l’azienda possa proseguire nel suo
percorso di successo o possa essere accompagnata a “morire” in
maniera indolore senza cioè arrecare danni economici ad altre imprese
fornitrici o socie e famiglie.
L’Europa
mette a disposizione fondi, strutture, un mercato unico in cui si può
liberamente operare, accordi doganali vantaggiosi anche per le esportazioni nei
paesi extra UE.
L’Europa non può certo risolvere i problemi delle singole
imprese e ancor meno i problemi familiari.
7 PER SAPERNE DI PIU’:
-Il passaggio generazionale, gestione
del problema e diagnosi del potenziale degli eredi – C. Norfini – InnovazioneCambiamento.it – 2017;
-Finanziamenti della UE. Gestione dei
fondi – Presentazione della domanda di finanziamento – Unione Europea -
europa.eu – 2017;
-BUDGET Multiannual Financial Framework – European Commission – europa.eu – 2017;
-Il passaggio generazionale – Il
processo di gestione del problema-diagnosi del potenziale degli eredi – F. Guidi -
InnovazioneCambiamento.it – 2016;
-Il significato (valore) del passaggio
generazionale - F. Guidi -
InnovazioneCambiamento.it – 2016;
-SME Instrument: Italia al top, ottime
performance per le start up – ASTER
Innovazione attiva – aster.it 2016;
-Passaggio generazionale – F. Coco – Giornale delle PMI – 2016;
-Gli errori del passaggio generazionale – L. Berni – su Pronto professionista – 2016;
-I beneficiari dei finanziamenti europei
a gestione diretta - Studio a cura di
M. Lazzarini con la collaborazione di I. Pellegrino – Camera di Commercio
Belgo-Italiana 2012;
-Passaggio generazionale nell’impresa:
un modello per il supporto alla gestione del cambiamento – Rossella
Martelloni, M.Vozza - www.fabbricafuturo.it
, agosto 2013;
-Passaggio generazionale e successione
d'azienda – L. De Rosa, A. Russo –
Guida pratica – il sole 24 ore 2011;
-Passaggio generazionale nelle aziende – C. Benazzi - PMI n. 11/2007;
-Il passaggio
generazionale nelle imprese familiari –
Dell’Atti A. - Bari, 2007;
-Family governance: La continuità
dell’impresa. Il passaggio generazionale. – Nicola Canessa - IPSOA 2006;
-La successione in azienda, eredi,
manager e soci fra proprietà e controllo: le scelte finanziarie più opportune
caso per caso, AA.VV. -
Amministrazione & finanza oro, 2001, 3;
-Piccole e
medie imprese. Imprese familiari - Montermerlo D. –
Preti P. - ed. Il Sole 24 Ore, 2006;
-Il passaggio
generazionale nell'impresa familiare tra continuità
e cambiamento -SINGER P. -
Torino, 2005;
-Il passaggio generazionale delle PMI.
La gestione della trasmissione d’impresa tra rischi e opportunità – a cura di F. Ferrari – Franco Angeli 2005;
-Figli, capitale in azienda. Lo sviluppo
generazionale aziendale attraverso la consulenza – F. Guidi – Franco Angeli 2005;
-L'impresa
familiare: Caratteristiche Distintive e Modelli
di Evoluzione – D. Boldizzoni
- ed. de Il Sole-24 ore,
Milano, 2004;
-Le aziende
familiari: continuità e successione -
Montanari S. - Padova,
2003;
2003;
-Il trasferimento intergenerazionale
delle imprese – B. Manzone – Banca
d’Italia, temi di discussione, n.205 – 2000;
-L’azienda da una generazione all’altra.
Padri e figli a confronto: una sfida fra tradizione e rinnovamento – G. Tonon – Giuffrè Editore – 1996;
-Di padre in
figlio, l’impresa di famiglia - WARD
J.L. - Roma, 1990;
-Introduzione
a l'impresa familiare - Martinelli A.
- di D. Boldizzoni,
edizioni de Il Sole 24 Ore, Milano 1988;
edizioni de Il Sole 24 Ore, Milano 1988;
-Le Imprese
Familiari di grandi Dimensioni in Italia,
Gennaro P.,
Sviluppo e Organizzazione, gennaio-febbraio, 1987;
Sviluppo e Organizzazione, gennaio-febbraio, 1987;
-L’impresa
familiare, Ghidini
M., Padova, 1977.
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